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Capasa, da Camera della Moda l’appello al Parlamento per la legge di bilancio


di
Emily Capozucca

Il presidente Cnmi: 185 milioni per l’anno 2025 ci sembra una cifra molto ragionevole in rapporto per un’industria che fattura 100 miliardi e ne porta oltre 25 miliardi di imposte allo Stato

Vale complessivamente circa 185 milioni la spesa per il governo se le sette proposte emendative  al bilancio di previsione dello Stato, portate avanti dalla Camera nazionale della Moda, venissero prese in considerazione. Tra le sette, a pesare maggiormente sono l’agevolazione di investimenti dei brand nelle aziende manifatturiere della filiera in difficoltà (sono stimati 100 milioni) e la richiesta di cassa integrazione ordinaria per le imprese con meno di 15 dipendenti (80 milioni). A fronte di tale impegno però, fa presente il presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana Carlo Capasa, l’effetto moltiplicatore sarebbe notevole. «185 milioni per l’anno 2025  ci sembra una cifra molto ragionevole in rapporto a un’industria che fattura 100 miliardi e ne porta oltre 25 miliardi di imposte allo Stato» ha sottolineato il presidente, evidenziando che per ogni miliardo perso, lo Stato perde 250 milioni di entrate». Non importa tanto quanto costano questi provvedimenti, «ma quanto costa non farli». 

Il nodo

Un altro nodo da sciogliere è il riversamento spontaneo del credito d’Imposta relativo alle annualità 2015-2019 per le attività di ricerca e sviluppo delle aziende di moda. Camera della moda propone (di questo gli oneri sono ancora da definire e non rientrano nella somma iniziale) la restituzione, dilazionata in 10 anni, del 30% del credito portato in compensazione «per garantire allo Stato un sicuro e significativo recupero di gettito in quanto, tali condizioni sarebbero le più idonee a garantire la procedura del riversamento spontaneo del credito d’Imposta R&S da parte delle aziende del settore evitando di creare un enorme contenzioso e scongiurando il pericolo di chiusura di molte piccole e medie aziende». 
Per tutte le altre proposte, dal welfare aziendale al  trasferimento generazionale delle competenze, dalla certificazione per il controllo della catena produttiva al fondo per la diffusione internazionale dei valori e dell’immagine della Moda, l’impegno economico è minimo e in alcuni casi addirittura casi nullo.




















































L’iter

I sette punti «hanno superato il primo scoglio di ammissibilità della Commissione bilancio e sono quindi confluiti nel documento di bozza del 14 novembre relativo alle proposte emendative al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 20-25 e bilancio per il triennio 20-27 che dovrebbe poi subire un’ulteriore revisione, questo è già un primo segno molto positivo» ha detto Carlo Capasa che lancia ora un appello ai parlamentari, affinché venga sostenuto «il secondo comparto produttivo italiano».  I gruppi parlamentari che presentano gli emendamenti dì Cnmi sono quelli di Forza Italia e Italia Viva. I gruppi, poi, possono anche accordarsi successivamente per nuove segnalazioni  ed il relatore (l’Onorevole Mauro D’Attis che Cnmi ringrazia per il grande appoggio che sta fornendo all’industria della moda) può presentare gli emendamenti in qualsiasi fase della discussione, dando ancora tempo al sostegno delle proposte emendative. 

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Il settore

In questo momento di difficoltà del settore, impattato in gran parte dalla crisi in Cina, le  proposte sono particolarmente rivolte al sostegno della piccola e media impresa. «Abbiamo un’industria fatta di 60.000 imprese, di queste 60.000, 40.000 sono imprese artigiane, su 60.000 imprese ci sono circa 600.000 dipendenti, il che vuol dire che abbiamo una media di 10 dipendenti a imprese» ha spiegato Capasa, ricordando che «il 70% dei prodotti di alta qualità vengono realizzati nel nostro Paese» che oggi soffre degli effetti della crisi con un 3,5-4% di calo di fatturato che, per la crescita dei prezzi, corrisponde a un meno 20% di produzione. «Ci aspettiamo che il 2026 sia l’anno della ripresa, se da un punto di vista politico le cose si sistemano» ha detto ancora il presidente, sottolineando che per moltissime pmi il problema sarà arrivare alla fine della crisi. Per preservare l’industria serve un cambio di passo. Ci troviamo oggi a correre ai ripari proponendo 7 punti ma ci vorrebbe un piano industriale per la moda a 5 anni per non agire nell’urgenza».

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